Poi uno dice che parlar sempre male della casta è puro e semplice qualunquismo. Sarà, ma a leggere l’ultimo comunicato dell’Associazione Contribuenti, come si può dar torto ai vari detrattori della politica e delle istituzioni (ce ne sono tanti, scegliete voi).La storia in poche righe è questa: tutti sanno che la crisi, partita dalla finanza, si è abbattuta anche sull’economia reale del nostro paese, come in tutt’Europa, e che la ripresa ci sarà (in molti lo sperano), anche se lenta e faticosa.In più, ultimamente, c’è pure qualche stato dalle parti del Mediterraneo finito in bancarotta. Insomma, tira una brutta aria e bisogna stringere la cinghia, fare sacrifici, soprattutto in Italia dove i conti pubblici sono sempre in rosso. Lo spauracchio della Grecia è dietro l’angolo.Poi, uno legge un comunicato e gli cascano le braccia: le auto blu in Italia nel primo trimestre del 2010 sono aumentate dello 0,6 per cento raggiungendo quota 629.120 unità. Una cifra mastodontica: non esiste altro paese al mondo con un numero così alto di privilegiati.Non ci credete? Negli Usa sono appena 72.000, in Francia 61.000, nel Regno Unito 55.000, in Germania 54.000, in Turchia 51.000, in Spagna 42.000, Giappone 30.000, in Grecia 29.000 e in Portogallo 22.000.A questo punto Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione e paladino dell’efficienza, sbotta: i numeri non convincono (non c’è una stima ufficiale) e firma una direttiva per avviare un censimento, da cui poi partire per dimezzare i costi per la gestione del parco auto pubblico.E lancia una proposta: “Pensiamo a forme di razionalizzazione come il car sharing o l’auto blu collettiva verificandone l’uso, i consumi di carburante, la manutenzione, l’impiego degli autisti'.Un’ottima idea, quella del ministro. Anzi, di più: il car sharing o l’auto blu collettiva per i politici e gli alti funzionari dello Stato potrebbe persino funzionare. In Svezia. (da Panorama)
il gatto Tremonti e la volpe Berlusconi provati dalla fatica di contar balle
di Collodi Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d'oro a Pinocchio, perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro.
Il giorno dipoi Mangiafoco chiamò in disparte Pinocchio e gli domandò: - Come si chiama tuo padre? - Geppetto. - E che mestiere fa? - Il povero. - Guadagna molto? - Guadagna tanto, quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l'Abbecedario della scuola dovè vendere l'unica casacca che aveva addosso: una casacca che, fra toppe e rimendi, era tutta una piaga. - Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d'oro. Vai subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia. Pinocchio, com'è facile immaginarselo, ringraziò mille volte il burattinaio, abbracciò, a uno a uno, tutti i burattini della Compagnia, anche i giandarmi: e fuori di sé dalla contentezza, si mise in viaggio per tornarsene a casa sua. Ma non aveva fatto ancora mezzo chilometro, che incontrò per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt'e due gli occhi, che se ne andavano là là, aiutandosi fra di loro, da buoni compagni di sventura. La Volpe che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe. - Buon giorno, Pinocchio, - gli disse la Volpe, salutandolo garbatamente. - Com'è che sai il mio nome? - domandò il burattino. - Conosco bene il tuo babbo. - Dove l'hai veduto? - L'ho veduto ieri sulla porta di casa sua. - E che cosa faceva? - Era in maniche di camicia e tremava dal freddo. - Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà più!... - Perché? - Perché io sono diventato un gran signore. - Un gran signore tu? - disse la Volpe, e cominciò a ridere di un riso sguaiato e canzonatore: e il Gatto rideva anche lui, ma per non darlo a vedere, si pettinava i baffi colle zampe davanti. - C'è poco da ridere, - gridò Pinocchio impermalito. - Mi dispiace davvero di farvi venire l'acquolina in bocca, ma queste qui, se ve ne intendete, sono cinque bellissime monete d'oro. E tirò fuori le monete avute in regalo da Mangiafoco. Al simpatico suono di quelle monete la Volpe, per un moto involontario, allungò la gamba che pareva rattrappita, e il Gatto spalancò tutt'e due gli occhi, che parvero due lanterne verdi: ma poi li richiuse subito, tant'è vero che Pinocchio non si accorse di nulla. - E ora, - gli domandò la Volpe, - che cosa vuoi farne di codeste monete? - Prima di tutto, - rispose il burattino, - voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d'oro e d'argento e coi bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me. - Per te? - Davvero: perché voglio andare a scuola e mettermi a studiare a buono. - Guarda me! - disse la Volpe. - Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba. - Guarda me! - disse il Gatto. - Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi. In quel mentre un Merlo bianco, che se ne stava appollaiato sulla siepe della strada, fece il solito verso e disse: - Pinocchio, non dar retta ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai! Povero Merlo, non l'avesse mai detto! Il Gatto, spiccando un gran salto, gli si avventò addosso, e senza dargli nemmeno il tempo di dire ~ohi~ se lo mangiò in un boccone, con le penne e tutto. Mangiato che l'ebbe e ripulitasi la bocca, chiuse gli occhi daccapo e ricominciò a fare il cieco, come prima. - Povero Merlo! - disse Pinocchio al Gatto, - perché l'hai trattato così male? - Ho fatto per dargli una lezione. Così un'altra volta imparerà a non metter bocca nei discorsi degli altri. Erano giunti più che a mezza strada, quando la Volpe, fermandosi di punto in bianco, disse al burattino: - Vuoi raddoppiare le tue monete d'oro? - Cioè? - Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila? - Magari! E la maniera? - La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con noi. - E dove mi volete condurre? - Nel paese dei Barbagianni. Pinocchio ci pensò un poco, e poi disse risolutamente: - No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a casa, dove c'è il mio babbo che m'aspetta. Chi lo sa, povero vecchio, quanto ha sospirato ieri, a non vedermi tornare. Pur troppo io sono stato un figliolo cattivo, e il Grillo-parlante aveva ragione quando diceva: "I ragazzi disobbedienti non possono aver bene in questo mondo". E io l'ho provato a mie spese, Perché mi sono capitate dimolte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco, ho corso pericolo... Brrr! mi viene i bordoni soltanto a pensarci! - Dunque, - disse la Volpe, - vuoi proprio andare a casa tua? Allora vai pure, e tanto peggio per te! - Tanto peggio per te! - ripetè il Gatto. - Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna. - Alla fortuna! - ripetè il Gatto. - I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila. - Duemila! - ripetè il Gatto. - Ma com'è mai possibile che diventino tanti? - domandò Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore. - Te lo spiego subito, - disse la Volpe. - Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c'è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d'oro. Poi ricuopri la buca con un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell'albero carico di tanti zecchini d'oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno. - Sicché dunque, - disse Pinocchio sempre più sbalordito, - se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei? - è un conto facilissimo, - rispose la Volpe, - un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti. - Oh che bella cosa! - gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza. - Appena che questi zecchini gli avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voi altri due. - Un regalo a noi? - gridò la Volpe sdegnandosi e chiamandosi offesa. - Dio te ne liberi! - Te ne liberi! - ripetè il Gatto. - Noi, - riprese la Volpe, - non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri. - Gli altri! - ripetè il Gatto. - Che brave persone! - pensò dentro di sé Pinocchio: e dimenticandosi lì sul tamburo, del suo babbo, della casacca nuova, dell'Abbecedario e di tutti i buoni proponimenti fatti, disse alla Volpe e al Gatto: - Andiamo pure. Io vengo con voi.
Li ricordate? Correva l'anno... 1992 (clicca sull'immagine per ingrandirla e leggere).
"Sono almeno tre, [...] i limiti gravi della finanziaria: 1) aver affidato la manovra prevalentemente alle entrate (soprattutto a quelle straordinarie "una tantum") e non anche al contenimento delle spese correnti; 2) la sovrastima del gettito ordinario nell' area dei grandi tributi e la sottostima della spesa in alcuni settori critici, [...]; 3) il profilo esclusivamente congiunturale delle misure correttive, [...] Una politica di emergenza debole e inadeguata, quindi, incapace di contrastare la crisi strutturale [...] Con i provvedimenti correttivi [...] i problemi di fondo del Paese, non sono stati certamente risolti. [...] (Occorre) incidere, con interventi strutturali sulle spese, i nodi del pubblico impiego e della finanza locale. [...] Ora, il governo [...] si trova ad affrontare, in una fase di bassa crescita economica, il compito arduo di proseguire con il massimo rigore nel risanamento dei conti pubblici e della crescita dell' economia."
Pensate che questo articolo sia contemporaneo? Neanche per idea. Sono stralci da una Relazione della Corte dei Conti pubblicati dal Corriere il primo luglio '93, l'anno d'applicazione della finanziaria "lacrime e sangue" 1992 di Giuliano Amato, quella di 93000 miliardi di vecchie lirette.
Ci credi che oggi Bersani inviterà tutti i deputati e senatori del Pd a incatenarsi in Parlamento contro la legge sulle intercettazioni? No. Jena (La Stampa)
Euro più euro meno è quanto guadagna Murinho (il simpatico allenatore dell'Inter (se per caso qualcuno non sapesse chi è). Eppure se ne andrà via perché l'Italia gli va stretta. Il triplo abbondante di quanto percepisce Veronica per gli alimenti (trecentomila euro al mese: ma quanto mangia la signora!) dall'ex marito Berlusconi, il simpatico presidente del consiglio italiano (se per caso qualcuno non sapesse chi è). Invidia? No. Dati di fatto per chi si ritiene fortunato se riesce a conservare un posto di lavoro pagato, al netto, intorno ai mille euro al mese e, invece di pensare ad una rivoluzione, fa il tifo e vota. Avete mai fatto due conti? Molti queste somme non riescono a metterle insieme neppure dopo quarant'anni, se lavoratori dipendenti. Commercianti, imprenditori e professionisti, poi, stanno anche peggio a giudicare dalle loro dichiarazioni dei redditi.
Edoardo Sanguineti, teorico del gruppo 'Gruppo 63' che rivoluzionò la scena letteraria italiana, è morto.
SIAMO TUTTI POLITICI E ANIMALI
Siamo tutti politici (e animali): premesso questo, posso dirti che odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di [catalogo esemplificativo e ragionato): (puoi sceglierti da te cognomi e nomi, e sparare nel mucchio): (e sceglierti i perché, caso per caso) ma, per semplificare, ti aggiungo che, se è vero che, per me (come dico e ridico) è politica tutto, a questo mondo, non è poi tutto, invece, la politica: (e questo mi definisce, sempre per me, i politici odiosi, e il mio perché: amo, così, quella grande [politica che è viva nei gesti della vita quotidiana, nelle parole quotidiane (come ciao, pane, fica, grazie mille): (come quelle che ti trovi graffite dentro i cessi, spraiate sopra i muri, tra uno slogan e un altro, abbasso, viva): (e poi, lo so che non si dice, ma, alla fine, mi sono odiosi e uomini e animali):
Nessuno le vuole nell'orto di casa, ma cresce la richiesta di centrali atomiche anche in Italia. Il Riformista - giornale inutile come molti altri, ma assai presente nelle rassegne stampa - è a favore, e non gli è parso vero di pubblicare la lettera che "un nutrito gruppo di intellettuali, scienziati, imprenditori, parlamentari" ha spedito a Bersani. «Un Pd nucleare» Ha risposto al "nutrito gruppo" il Manifesto - giornale utile quant'altri mai, ma poco citato e sempre sull'orlo del tracollo, non avendo né padroni né padrini - con un articolo di Mattioli e Scalia che la dice lunga già dal titolo: Lobby e vecchi merletti. Disperatamente tentando di mantenere una visione critica della realtà in tempi così desolatamente conformisti - in ogni direzione - confesso una certa perplessità. Intanto sgombrerei il campo da un virtuoso luogo comune accampato per ridurre i consumi energetici, al quale io stesso mi sono appellato: educare le persone a consumare meno e meglio. Battaglia persa. L'unica possibilità per diminuire gli sprechi sarebbe, forse, garantire un minimo d'energia a prezzi ridottissimi per consumi primari e stangare progressivamente con costi elevati gli utenti oltre questa soglia di consumi. Ciò detto mi chiedo se tutto quanto è stato autorevolmente affermato circa i costi enormi del nucleare per la costruzione di centrali, e la loro dismissione dopo tempi relativamente brevi d'esercizio, rimanga valido. Personalmente ritengo di sì, come ritengo sempre validi gli argomenti degli antinuclearisti relativi alla scarsità d'uranio sul pianeta e all'irrisolto problema dello smaltimento delle scorie radioattive. Innegabilmente il bisogno di energia è tanto e non ho ragione di dubitare dei dati forniti dal "nutrito gruppo" sulla produzione energetica in Italia: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento. Orbene è proprio sul solare (del quale si parla sempre poco) che mi sfugge qualcosa. Se ho ben capito un impianto fotovoltaico da 3 kWp, destinato principalmente ad utenti domestici con consumi elettrici indicativamente pari a 4000 kWh, equivalenti ad una spesa annua di circa 700 €, viene proposto da Enel al prezzo, chiavi in mano, di 14.520,00 € (IVA inclusa). Tale costo però sarebbe coperto per il 100% dagli introiti del meccanismo incentivante “Conto Energia” e dai benefici dello Scambio sul Posto. Per realizzare l'impianto occorrono solamente 24mq di tetto orientato verso sud. (dati enel.it). Mi chiedo: quanti chilometri quadrati di tetti rivolti verso sud ci sono in Italia? Tappezziamoli di pannelli solari in rete tra loro e poi vediamo se resteremo allo 0,2 per cento. Non ho la competenza e l'autorevolezza per effettuare tutti i calcoli necessari ma che qualcuno li esegua, per favore, e ci dica. Secondo l'economista e saggista Jeremy Rifkin l’analogia tra rete e sistema energetico è molto forte. Nel suo ultimo libro La civiltà dell'empatia si augura che in futuro gli utenti producano singole parti, pezzi d’energia/informazioni che verranno immagazzinate (come avviene sui server) per poi essere condivise. In alcuni luoghi sta già avvenendo la transizione verso edifici in grado di produrre l’energia di cui necessitano, l’immagazzinamento dell’energia in eccesso, la ridistribuzione della stessa nei vari punti della rete. Ad esempio il progetto Free Energy - 1000 impianti fotovoltaici a costo zero per la Città di Busto Arsizio (80.000 abitanti) va in questa direzione. Basterà avere un tetto, da 20 a 28 mq, rivolto a sud e si potrà usufruire di elettricità gratis per i prossimi 21 anni. (Vedere zeroemission.tv e comunicati stampa sul sito del comune di Busto Arsizio) Se è stato possibile lì perché non dovrebbe esserlo altrove? Basterebbe , come si diceva una volta, la volontà politica.
Come chiudere il tappo che si è aperto nel golfo del Messico? Secondo il quotidiano Komsomoloskaya Pravda, ai tempi dell'Unione Sovietica, problemi simili sono stati risolti con esplosioni nucleari controllate. «In passato questo metodo è stato usato almeno cinque volte - scrive il quotidiano - la prima per spegnere i pozzi a gas di Urt Bulak, il 30 settembre 1966. La carica usata fu da 30 chilotoni, una volta e mezza quella di Hiroshima, ma fatta esplodere a 6 chilometri di profondità» (dal corriere.it)
...e se invece di chiudere la falla ne aprisse una più grande?
Omnium Paparum, Conciliorum, Ss Patrum, Doctorum Scriptorumque Ecclesiae qui ab Aevo Apostolico ad usque Benedicti XVI Tempora Floruerunt
Argumentum:
Conspectus Rerum Ratione Argumentorum Distributus Seu 'Index of Available Topics'
Sancto Alberto Magno Patrono Plorante ac Beata Semper Virgine Maria Intercedente, Spiritus Sancte, Veritatis Deus, Hunc Locum a Malo Defendere Digneris.
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Sandro Bondi, il ministro-barzelletta dell'Incultura italiana, non va al festival del cinema di Cannes perché quei cattivacci dei francesi proietteranno il film di Sabina Guzzanti Draquila. Sai il dispiacere per cotanta assenza! Dice Bondi: "Draquila offende la verità e l'intero popolo italiano". Veramente se qualcosa offende gli italiani con ancora un po' di buonsenso è un simile ministro, il suo boss Berlusconi e i suoi tirapiedi. Bertolaso, ad esempio, che nonostante tutte le troiate fatte, a L'Aquila e altrove, si vanta di condividere con Clinton - l'ex Presidente degli Stati Uniti - uno stesso problema... di nome Monica.
Corrotti, corruttori, truffatori, evasori fiscali, falsificatori di bilanci, bancarottieri e chi più ne ha ne metta. Edificante il quadro politico-finanziario italiano. Oggi. Il ministro Scaloja si è dimesso. A suo dire forse "altri" gli hanno pagato la casa di Roma, vista Colosseo, senza che se ne accorgesse! Peccato che quegli "altri" siano gli stessi che hanno avuto tutti i lucrosi appalti della "protezione civile". Evidentemente erano già in pista da parecchio tempo. Prosperini, un fuori di testa arrivato a fare l'assessore di Formigoni in Lombardia, accusato di corruzione, turbativa d'asta e truffa, ha patteggiato 3 anni e cinque mesi. Si dedicherà al volontariato [sic!] Ciarrapico, già più volte condannato, ma ugualmente voluto da Berlusconi in parlamento, è di nuovo indagato per truffa allo Stato. Corsini, assessore all'urbanistica del sindaco Alemanno a Roma è indagato per corruzione (insieme al suo predecessore) e concussione. L’ex vice presidente della Regione Puglia, Sandro Frisullo, ancora indagato dalla magistratura, sempre per corruzione... Per amor di patria non ritorniamo sulle vicende giudiziarie del primo ministro, ma è meglio non dimenticarsene. C'è davvero di che essere orgogliosi!
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Paccherotti e parmigiana di melanzane
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Delizia di pastaI paccherottiAlla parmigianaParmigiana al forno, semplice e
leggera con melanzane grigliate, passata di pomodoro, mozzarella e
parmigiano t...
Non! Rien de rien ...
Non ! Je ne regrette rien
Ni le bien qu'on m'a fait
Ni le mal tout ça m'est bien égal!
Non ! Rien de rien ...
Non ! Je ne regrette rien...
C'est payé, balayé, oublié
Je me fous du passé!
Avec mes souvenirs
J'ai allumé le feu
Mes chagrins, mes plaisirs
Je n'ai plus besoin d'eux!
Balayés les amours
Et tous leurs trémolos
Balayés pour toujours
Je repars à zéro ...
Non ! Rien de rien ...
Non ! Je ne regrette nen ...
Ni le bien, qu'on m'a fait
Ni le mal, tout ça m'est bien égal!
Non ! Rien de rien ...
Non ! Je ne regrette rien ...
Car ma vie, car mes joies
Aujourd'hui, ça commence avec toi!