Iva al 22%.
La pagano i "consumatori finali", cioè tutti noi che giornalmente mettiamo mano al portafoglio per mille diversi motivi.
Ma occorre ricordare che cibi come pane, pasta, olio, latte e riso, oltre a oggetti di uso comune come occhiali da vista, quotidiani, libri, protesi dentarie e servizi come la mensa scolastica della scuola dell’obbligo hanno un’aliquota al 4 per cento.
Carne, pesce, beni e servizi come la fornitura dell’elettricità e le prestazioni di strutture a interesse turistico invece sono tassate al 10%.
L'Iva viene rimborsata a imprenditori artigiani e commercianti, agenti e rappresentanti di commercio, ecc.; lavoratori autonomi, professionisti titolari di partita Iva iscritti o non iscritti in albi professionali; società di persone, società semplici, Snc, Sas, Studi Associati; società di capitali ed enti commerciali, SpA, Srl, Soc. Cooperative, Sapa, Enti pubblici e privati diversi dalle società; istituti di credito, Sim, altri intermediari finanziari, società fiduciarie ecc.
Il guaio è che imprenditori, commercianti, professionisti e compagnia bella sui prezzi al "consumatore finale" fanno il bello e il cattivo tempo e così nessuna meraviglia se l'uno per cento si trasforma magicamente in aumenti ben più consistenti.
Per lo stato poi un punto di Iva corrisponde ad un aumento effettivo nelle entrate del 4,76.
Paccherotti e parmigiana di melanzane
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