Ieri sera l'ho visto Rockpolitik. Come esimersi? E poi c'era Mario Cioni. Cioni Mario di Gaspare fu Giulia, si, il Benigni di Televacca, quello ruspante del ’76, tanto lontano dall'osannato RRRoberto dell'Oscar. Il fatto è che neanche Benigni mi piace un granché, così come non mi piacciono per niente le lodi sperticate e poeticamente ispirate dell’Unità di oggi. Anzi francamente, per dirlo con Cioni, “mi fanno cacare”.
Benigni è bravo, non si discute, ma anche Celentano è bravo. Il fatto che, personalmente, mi “garbino pochino” conta men che niente. Non si guadagnano settecento milioni di vecchie lirette a serata se non si è bravi. Però c’è chi non li guadagna in una vita di lavoro e questo non so se è giusto. Peggio c’è chi ne guadagna anche di più senza né cantare, né far ridere, ma semplicemente usando i soldi degli altri e lucrando plusvalenze. Questo per Feltri, direttore di Libero, che pubblica su due pagine il contratto di Celentano? Cosa ci dice dei suoi di guadagni come giornalista? Anche lui è bravo, per carità, ma sicuramente porta a casa ben più di quanto meriti. Così funzionano le cose. Il menar scandalo quando si gode di analogo trattamento è peloso. Altri hanno di che lamentarsi. Per cantarlo con Benigni quando dava voce ai sottoproletari toscani: «Noi siamo quella razza, è inutile far finta, c’ha trombato la miseria e siam rimasti incinta.»
Paccherotti e parmigiana di melanzane
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Delizia di pastaI paccherottiAlla parmigianaParmigiana al forno, semplice e
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