Ma è proprio vero che manca la libertà d'informazione o il problema è che manca la volontà d'informarsi?
Questa la domanda che mi ponevo leggendo su Articolo 21 Senza libertà di informazione e senza cultura il "regime" vince di Giuletti e Vita.
Non che non sia d'accordo con quello che scrivono, ma da un lato non c'è mai stato, per il singolo, tanto libero accesso all'informazione globale come ora, dall'altro è un fatto molto italiano di avere troppi cattivi giornalisti superpagati e troppi inutili giornali che nessuno legge.
Ormai chi vuole davvero informarsi lo fa a prescindere dalla televisione e dai giornali cartacei. Chi non s'informa non si informa perché non gliene frega niente. Ma questo sembrano non averlo ancora capito soprattutto i giornalisti impegnati a giustificare la loro precaria esistenza parlandosi addosso tra loro (quello che si chiama autoreferenzialità).
Ora l'ignoranza politica (proprio nel senso d'ignorare) diffusa anche in ceti sociali per altri versi molto informati è davvero una questione grave come grave è il fatto che l'accesso alla rete rimanga confinato, specie nel nostro paese, alla marginalità dei social network. In Italia al divario formativo legato ad una scarsa alfabetizzazione di massa - ne è riprova l'incredibilmente basso numero di lettori - ed alla pochezza culturale dei ceti dirigenti, si è aggiunto, con le nuove tecnologie, quello che viene definito digital divide. Tuttavia ci sarebbe già il potenziale per la rinascita politica di un movimento attraverso il web, un po' sul modello Obama, ma qui da noi quello che manca davvero è proprio qualcuno che sappia comunicare con i nuovi strumenti a disposizione. Il peggiore e più efficace uso della televisione è stato capace di farlo Berlusconi. Lo scalzerà chi riuscirà a mettere, altrettanto efficacemente, le mani sulla rete.
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