2012-02-27

Tra cavaliere e professore. Considerazioni di uno qualunque


Probabilmente i magistrati non potevano fare altrimenti.
Chiaro che la prescrizione del processo Mills va bene a tutti. A Berlusconi e ai suoi che fingono equivalga ad un proscioglimento, agli avversari che a buon diritto possono continuare a considerare il cavaliere un corruttore - visto che il corrotto reo confesso è stato condannato -, a Monti che non subirà le inevitabili perturbazioni di una avvenuta condanna, ai magistrati giudicanti che non potendo giudicare rimangono neutrali, facendo così, sotto sotto, un piacere ai "politici" evitando di sconvolgere, più di quanto non lo siano già, i precari equilibri esistenti.
Chi rimane con l'amaro in bocca è ancora una volta il cittadino comune, che mai potrà far modificare a suo favore le regole della giustizia come ha fatto Berlusconi, e si confronta con tutta la costosa inutilità dei meccanimi processuali, specie quando il processato è ricco, potente e ben difeso da collegi di avvocati.
Stufi, arcistufi di tutto e di tutti, molti ormai si disinteressano alle vicende politiche vivendo come struzzi con la testa nella sabbia e il culo per aria pur consapevoli del rischio che corrono. Un distacco disincantato da giornali autoreferenziali, tv e quant'altro connoti l'informazione tradizionale è atteggiamento comune di coloro - non solo giovani - che privilegiano il WEB come strumento di comunicazione. Gli altri (in Italia la stragrande maggioranza) restano preda degli stupidari TV con ciò che ne consegue.
Il cosiddetto "qualunquismo", quella cosa per la quale "sono tutti uguali" senza distinzione tra destra e sinistra, onesti e disonesti, innocenti e colpevoli, ché intanto "tutti mangiano alla stessa greppia" dilaga.
La democrazia, la partecipazione, la solidarietà, la giustizia sociale, l'onestà individuale e collettiva, la non violenza, il diritto alla cultura, l'uguaglianza e la libera convivenza civile in un mondo dove il lavoro non è schiavitù, ma dignitoso mezzo di sussistenza e i rapporti tra le persone sono regolati dal merito e non dalla violenza coercitiva e dallo strapotere del denaro, sembrano concetti sempre più obsoleti, aspirazioni astratte di qualche sognatore che si è fatto di roba forte.
L'unica regola condivisa è la ricerca del tornaconto per sé e la propria cerchia e gli altri si fottano.
Apparentemente c'è chi crede che Monti sia il "nuovo" l'uomo che ci traghetterà verso un futuro migliore. Se anche lo fosse - cosa della quale si hanno tutte le ragioni per dubitare - non lo vuole fino in fondo nessuno, tantomeno coloro ai quali sembra aver sottratto, momentaneamente, la libertà di delinquere senza scrupoli e pudori (non che non si continui a delinquere, beninteso, nelle stanze del potere e altrove).
I Berlusconi, i Bossi, i Fini, i Casini, i Letta, i D'Alema, i Bersani e tanti, tantissimi altri con loro e prima di loro - tanti da rendere impossibile un elenco - hanno fatto tutti i danni possibili e non vedono l'ora di tornare a farli in prima persona senza dover ricorrere a spinte e controspinte più o meno sotterranee al governo "dei professori". Monti sarà uomo d'onore e nessuno vuole metterlo in dubbio - tanto più che, almeno momentaneamente, ci ha sottratti dall'incubo berlusconiano -, ma il suo governo si barcamena come può, un po' vaso di coccio tra vasi di ferro e un po' vaso di ferro tra vasi di coccio, rifacendosi comunque ad una teoria liberista che ha già mostrato il peggio di sè in ogni angolo del mondo.
In quanto alla "gente", al popolo, meglio, alle persone intese come individui al centro di un complesso insieme di relazioni sociali, la sfiducia è palpabile. Si tratta di una sfiducia esistenziale, venata di rassegnazione. Ci sono coloro che tirano avanti più o meno come al solito e coloro che stanno sempre peggio, giù giù fino ai disperati e ci sono quelli per i quali va sempre, comunque a gonfie vele. Ovviamente non mancano motivi d'invidia nei loro confronti.
Qualcuno, al solito, si dà un gran da fare per gli altri e non si rassegna allo stato delle cose. Incomiabili combattenti meriterebbero maggior visibilità e appoggio. Ma c'è sempre troppo poco tempo per tutto e finiscono anche loro per diventare autoreferenziali, quantunque molto apprezzati in piccole reti interpersonali.
Invece il disprezzo delle persone comuni per i "politici" di professione è palpabile. Nessuno crede più a quello che dicono, senza distinzione di ruolo e partito.
Almeno, a parole così sembra, ma poi, nei fatti, quando si aprono le urne almeno sei su dieci corrono ancora a votarli. Masochismo? Non necessariamente. Talvolta si vota per pura abitudine, come si va a messa, tal altra per civica convinzione di esercitare, in democrazia, un diritto-dovere. C'è sempre l'insana possibilità di votare chi mai sarà maggioranza e in qualche modo esercita l'opposizione. Probabilmente se davvero ci fosse il rischio di vederli un giorno governare ci si penserebbe due volte prima di votarli.
Qualunquismo dunque? Forse o forse desiderio di partecipare a un cambiamento autentico e radicale del quale non si vedono segnali.
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