2010-05-27

Il gatto e la volpe (un racconto d'attualità)

il gatto Tremonti e la volpe Berlusconi provati dalla fatica di contar balle

di Collodi
Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d'oro a Pinocchio, perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro.

Il giorno dipoi Mangiafoco chiamò in disparte Pinocchio e gli domandò:
- Come si chiama tuo padre?
- Geppetto.
- E che mestiere fa?
- Il povero.
- Guadagna molto?
- Guadagna tanto, quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca. Si
figuri che per comprarmi l'Abbecedario della scuola dovè vendere l'unica
casacca che aveva addosso: una casacca che, fra toppe e rimendi, era tutta una
piaga.
- Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d'oro. Vai
subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia.
Pinocchio, com'è facile immaginarselo, ringraziò mille volte il burattinaio,
abbracciò, a uno a uno, tutti i burattini della Compagnia, anche i giandarmi: e
fuori di sé dalla contentezza, si mise in viaggio per tornarsene a casa sua.
Ma non aveva fatto ancora mezzo chilometro, che incontrò per la strada una
Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt'e due gli occhi, che se ne
andavano là là, aiutandosi fra di loro, da buoni compagni di sventura. La Volpe
che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si
lasciava guidare dalla Volpe.
- Buon giorno, Pinocchio, - gli disse la Volpe, salutandolo garbatamente.
- Com'è che sai il mio nome? - domandò il burattino.
- Conosco bene il tuo babbo.
- Dove l'hai veduto?
- L'ho veduto ieri sulla porta di casa sua.
- E che cosa faceva?
- Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.
- Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà più!...
- Perché?
- Perché io sono diventato un gran signore.
- Un gran signore tu? - disse la Volpe, e cominciò a ridere di un riso sguaiato e
canzonatore: e il Gatto rideva anche lui, ma per non darlo a vedere, si pettinava i
baffi colle zampe davanti.
- C'è poco da ridere, - gridò Pinocchio impermalito. - Mi dispiace davvero di farvi
venire l'acquolina in bocca, ma queste qui, se ve ne intendete, sono cinque
bellissime monete d'oro.
E tirò fuori le monete avute in regalo da Mangiafoco.
Al simpatico suono di quelle monete la Volpe, per un moto involontario, allungò
la gamba che pareva rattrappita, e il Gatto spalancò tutt'e due gli occhi, che
parvero due lanterne verdi: ma poi li richiuse subito, tant'è vero che Pinocchio
non si accorse di nulla.
- E ora, - gli domandò la Volpe, - che cosa vuoi farne di codeste monete?
- Prima di tutto, - rispose il burattino, - voglio comprare per il mio babbo una bella
casacca nuova, tutta d'oro e d'argento e coi bottoni di brillanti: e poi voglio
comprare un Abbecedario per me.
- Per te?
- Davvero: perché voglio andare a scuola e mettermi a studiare a buono.
- Guarda me! - disse la Volpe. - Per la passione sciocca di studiare ho perduto
una gamba.
- Guarda me! - disse il Gatto. - Per la passione sciocca di studiare ho perduto la
vista di tutti e due gli occhi.
In quel mentre un Merlo bianco, che se ne stava appollaiato sulla siepe della
strada, fece il solito verso e disse:
- Pinocchio, non dar retta ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai!
Povero Merlo, non l'avesse mai detto! Il Gatto, spiccando un gran salto, gli si
avventò addosso, e senza dargli nemmeno il tempo di dire ~ohi~ se lo mangiò in
un boccone, con le penne e tutto.
Mangiato che l'ebbe e ripulitasi la bocca, chiuse gli occhi daccapo e ricominciò a
fare il cieco, come prima.
- Povero Merlo! - disse Pinocchio al Gatto, - perché l'hai trattato così male?
- Ho fatto per dargli una lezione. Così un'altra volta imparerà a non metter bocca
nei discorsi degli altri.
Erano giunti più che a mezza strada, quando la Volpe, fermandosi di punto in
bianco, disse al burattino:
- Vuoi raddoppiare le tue monete d'oro?
- Cioè?
- Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?
- Magari! E la maniera?
- La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con
noi.
- E dove mi volete condurre?
- Nel paese dei Barbagianni.
Pinocchio ci pensò un poco, e poi disse risolutamente:
- No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a
casa, dove c'è il mio babbo che m'aspetta. Chi lo sa, povero vecchio, quanto ha
sospirato ieri, a non vedermi tornare. Pur troppo io sono stato un figliolo cattivo, e
il Grillo-parlante aveva ragione quando diceva: "I ragazzi disobbedienti non
possono aver bene in questo mondo". E io l'ho provato a mie spese, Perché mi
sono capitate dimolte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco, ho
corso pericolo... Brrr! mi viene i bordoni soltanto a pensarci!
- Dunque, - disse la Volpe, - vuoi proprio andare a casa tua? Allora vai pure, e
tanto peggio per te!
- Tanto peggio per te! - ripetè il Gatto.
- Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna.
- Alla fortuna! - ripetè il Gatto.
- I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila.
- Duemila! - ripetè il Gatto.
- Ma com'è mai possibile che diventino tanti? - domandò Pinocchio, restando a
bocca aperta dallo stupore.
- Te lo spiego subito, - disse la Volpe. - Bisogna sapere che nel paese dei
Barbagianni c'è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu
fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino
d'oro. Poi ricuopri la buca con un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di
fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a
letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina
dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell'albero carico
di tanti zecchini d'oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese
di giugno.
- Sicché dunque, - disse Pinocchio sempre più sbalordito, - se io sotterrassi in
quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?
- è un conto facilissimo, - rispose la Volpe, - un conto che puoi farlo sulla punta
delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini:
moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila
cinquecento zecchini lampanti e sonanti.
- Oh che bella cosa! - gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza. - Appena che
questi zecchini gli avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri
cinquecento di più li darò in regalo a voi altri due.
- Un regalo a noi? - gridò la Volpe sdegnandosi e chiamandosi offesa. - Dio te ne
liberi!
- Te ne liberi! - ripetè il Gatto.
- Noi, - riprese la Volpe, - non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo
unicamente per arricchire gli altri.
- Gli altri! - ripetè il Gatto.
- Che brave persone! - pensò dentro di sé Pinocchio: e dimenticandosi lì sul
tamburo, del suo babbo, della casacca nuova, dell'Abbecedario e di tutti i buoni
proponimenti fatti, disse alla Volpe e al Gatto:
- Andiamo pure. Io vengo con voi.

Bennato + Disney
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