2008-04-18

Da John Fitzgerald a Silvio, dal Che a Umberto

Che Guevara

Dal diario post-elettorale di un giornalista di centrosinistra. «Mi rifiuto di salire sul carro dei vincitori e non solo perché è già parcheggiato nel cortile della Rai. Li guardo volteggiare dalla finestra. Che pena: sembra il circo degli acrobati di Pechino, con gente che riesce a cambiare casacca in volo senza nemmeno toccare terra. Ricordo quel dirigente democristiano che nel 1994, dopo la prima vittoria del centrodestra, mise sulla scrivania una foto che lo ritraeva sottobraccio al giovane Casini. Quando vinse l’Ulivo, gli appiccicò sopra la faccia di Rosy Bindi, che raschiò via nel 2001 per poi incollarla di nuovo sopra Pierferdi nel 2006 (con Casini e Bindi entrambi all’opposizione, ora sarà costretto almeno a cambiare foto). Io sul muro tengo il ritratto di Kennedy e non ho alcuna intenzione di incollarci sopra Mara Carfagna. Tanto meno il suo impresario, che continuerò a criticare duramente...
Scrive oggi Massimo Gramellini sulla Stampa. Meno male che ci sono anche giornalisti come Gramellini.
Ieri anch'io esprimevo una pena analoga. Se ho un piccolo appunto da fare è per quel Kennedy sul muro. Per carità! Ognuno sul muro ci tiene chi vuole. Sul mio c'è il Che (scusate il gioco di parole) da tempo immemorabile. "Così va la vita" diceva il vonnegutiano Billy Pilgrim.
Neppure il Che è un esempio da seguire, né ora né, tantomeno, allora. Il morir giovane l'ha reso un mito, ma di cazzate ne ha fatte e dette tante. Però era generoso fino al sacrificio, come sanno esserlo gli eroi e i martiri - dei quali preferiremmo non avere mai bisogno.
Kennedy è un altro paio di maniche. Come il Che è morto ammazzato abbastanza giovane e, soprattutto, era il presidente USA. Pochi sanno che proprio nei giorni del suo assassinio stava rischiando l'impeachment per incauti "affettuosi incontri" con fanciulle considerate, dall'FBI, potenziali spie sovietiche e il fratello Robert, ministro della giustizia, si dava da tempo un gran da fare per tener la museruola alla stampa. Pochi ricordano il Kennedy responsabile della fallimentare tentata invasione della Baia dei Porci a Cuba, della prima escalation in Vietnam e del blocco navale del '62, sempre a Cuba, che portò il mondo vicino come non mai alla terza guerra mondiale. Nonostante questo Kennedy è considerato tuttora un campione della democrazia.
Il bello è che continuo ad averlo anch'io in simpatia per la semplice ragione che era uno spregiudicato interprete dei suoi tempi, lontano mille miglia dall'ipocrisia dei suoi successori, capace di volare più in alto degli altri nel cielo della politica rendendo credibile una "nuova frontiera" rappresentata, allora, dalla corsa alla conquista dello spazio.
Perché queste considerazioni? Perché, nonostante le sbrodolate dei giornali, non sembra che né Lega né Cavaliere, né Veltroni L'Americano - se avesse vinto - rappresentino qualcosa di "nuovo". Anzi: che tristezza!
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