
I dati confermano soltanto una realtà già ampiamente conosciuta. Nel 2002 in una ricerca Ials-Sials emergeva che un italiano su tre si collocava ai margini dell'analfabetismo.
Nel novembre 2004 Avveduto, presidente dell’Unla, già diceva più o meno le stesse cose. Resta lo sconforto per una situazione che colloca costantemente l'Italia agli ultimi posti come livelli d'istruzione e, peggio, per una scuola dell'obbligo che, secondo Tullio De Mauro, linguista ed ex-ministro dell'Istruzione, non insegna a leggere e scrivere a un quarto dei ragazzini italiani.
Lo sconforto cresce ancora se consideriamo l’alfabetizzazione informatica.
Ma qual è l’identikit dell’analfabeta del cyberspazio? Secondo i dati di uno studio condotto in America dalla Gartner Group (paese dove naviga in rete oltre la metà della popolazione) solo il 35 per cento di chi appartiene a un ceto sociale basso sa districarsi con ipertesti indirizzi internet. Una percentuale che arriva al 53 per cento nelle classi medio basse, al 79 per cento nella cosiddetta upper-middle class e all’83 per cento tra i più ricchi e istruiti. «Internet è un mezzo di comunicazione e conoscenza così pervasivo che rimanerne fuori perché non si sa come farlo funzionare o perché non ce lo si può permettere equivarrà a non saper né leggere né scrivere», dice Michael Fleisher, capo esecutivo della società autrice del rapporto.
Chi si occupa di Informazione e Comunicazione Tecnologica sa quanto sia disastrosa la situazione italiana.