Assemblea di oltre 5000 delegati oggi a Milano. Il metalmeccanico è passato di moda, nessuno ne parla più e la categoria non riesce a concludere il contratto. Gli ultimi due, del resto, sono stati firmati solo da Cisl e Uil, non dalla Fiom-Cgil che resta numericamente il maggiore. Effetti di uno statuto dei lavoratori vecchio di trentacinque anni quando sembrava possibile l'unificazione della categoria a breve termine. I delegati intervistati dicono cose sacrosante come che il contratto "non deve essere uno scambio tra salario e diritti". Peccato che i diritti siano gradualmente andati a farsi benedire e il salario resti tra i più bassi d'Europa. Per questo contratto sono stati chiesti aumenti di 130 euro mensili, ma la controparte non è disposta a mollarne più di 60 e in cambio di ulteriore "flessibilità". Molti denunciano “l'invisibilità della categoria e la marginalità operaia”. Più d'uno afferma che in televisione imperversa l'isola dei famosi e compagnia bella, programmi che rincretiniscono. Giusto, ma qualcuno le guarderà pure queste demenzialità, altrimenti non le farebbero. Altri lamentano la disaffezione al sindacato. Vero anche questo e le organizzazioni dei lavoratori restano l'unico strumento di difesa di una certa validità. Tuttavia sclerosi istituzionale, scarsa democrazia interna, incapacità di rinnovamento ideologico sono mali di vecchia data che non contribuiscono certo ad avvicinare i giovani alle pratiche sindacali.
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