Crocefisso - Giotto di Bondone
Dai tormentoni non c'è scampo. Quello dei crocefissi ciclicamente ritorna.
Correvano i faticosi anni '70 e già si discuteva sui significati di quell'emblema in classe. Gli insegnanti non cattolici - ma anche qualche cattolico illuminato - erano propensi a staccarlo dal muro esattamente con le stesse motivazioni espresse ora dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. «La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Pochi lo fecero davvero.
L'Italia è l'Italia e la coscienza civile è quello che è, così il crocefisso rimase anche grazie alla piena vigenza dell'art. 118 del Regio decreto n. 965 del 1924, che recita: “ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del Crocifisso e il ritratto del Re” Dunque è già tanto che, per il momento, accanto al Cristo in croce non ci sia il ritratto del cavaliere.
Correva l'anno 2003 e di nuovo si riaccesero le polemiche, questa volta legate allo chador e all'opportunità o meno di ostentare simboli religiosi e politici. Scrissi allora un articoletto, ispirato al fatto di aver avuto uno scambio di idee con una vivace studentessa di seconda liceo, al quale rimando: Crocifissi e chador.
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